Una recente pronuncia del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, sez. II, 10.01.2021, n. 633) è tornata a pronunciarsi sul valore probatorio delle perizie di parte chiarendo che, anche qualora le stesse siano accompagnate dal giuramento, esse non possono essere qualificate come mezzo di prova.

In particolare, recependo l’unanime orientamento giurisprudenziale, “la perizia di parte costituisce una mera allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio. Il contenuto tecnico del documento non ne altera la natura, che resta quella di atto difensivo” (Trib. Roma, sez. XVII, 14.01.2019, n. 909).

La perizia o la consulenza tecnica di parte, quindi, sono qualificabili alla stregua di un’allegazione e, pertanto, sono prive di qualsivoglia valore probatorio nel corso del giudizio, al pari di una comparsa conclusionale o di una memoria di replica (Trib. Venezia, sez. III, 12.01.2016).

Dunque, è doveroso riconoscere che “la perizia di parte non è una fonte di prova, in quanto non solo essa è formata al di fuori del giudizio, ma la sua precostituzione non trova disciplina nell’ordinamento; pertanto, anche quando sia giurata, la perizia stragiudiziale rientra pur sempre nel novero delle attività difensive della parte, in questo caso, di carattere tecnico, con la conseguenza che alla stessa deve essere riconosciuto il valore di mero indizio, il cui esame e valutazione è rimesso al prudente apprezzamento del giudice, il quale non è, tuttavia, affatto obbligato a tenerne conto” (Trib. Lagonegro, 20.06.2018, n. 190).

 

Un principio riconosciuto anche dalla Suprema Corte

Tale principio è stato più volte riconosciuto anche dalla Suprema Corte che, in diverse occasioni, ha avuto peraltro cura di aggiungere che:

la consulenza tecnica di parte, costituendo una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, può essere prodotta sia da sola che nel contesto delle difese scritte della parte e, nel giudizio di appello celebrato con il rito ordinario, anche dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni” (Cass. civ., sez. II, 08.01.2013, n. 259);

la consulenza tecnica di parte, costituendo una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, può essere prodotta sia da sola che nel contesto degli scritti difensivi della parte e, nel giudizio di appello celebrato con il rito ordinario, anche dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni” (Cass. civ., sez. II, 26.03.2012, n. 4833).

In altre parole, ogniqualvolta l’avvocato redige un atto difensivo, lo stesso può accompagnarlo con una perizia di parte (anche, per esempio, dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni, allegandola alla comparsa conclusionale per dare maggiore incisività alle sue parole).

 

Le due conclusioni

Da questo derivano due conclusioni. La prima è che: “La consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, sicché la sua produzione, in quanto sottratta al divieto di cui all’art. 345 c.p.c., è ammissibile anche in appello” Cass. civ., sez. III, 15.09.2020, n. 19187 (cfr. anche Cass. civ., sez. II, 24.08.2017, n. 20347: “la consulenza di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, la cui produzione, regolata dalle norme che disciplinano tali atti e perciò sottratta al divieto di cui all’art. 345 c.p.c., deve ritenersi consentita anche in appello” e Cass. civ., sez. un., 03.06.2013, n. 13902: “la consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, sicché la sua produzione, in quanto sottratta al divieto di cui all’art. 345 c.p.c., è ammissibile anche in appello”).

La seconda, invece, è che: “la consulenza di parte, ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, con la conseguenza che il giudice di merito, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni con esso incompatibili e conformi al parere del proprio consulente” (Cass. civ., sez. III, 29.01.2010, n. 2063).

Quindi la consulenza o la perizia tecnica di parte, se è vero che può essere prodotta senza preclusioni, costituisce pur sempre “semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, rispetto alla quale il giudice non è tenuto a motivare il proprio dissenso” (App. Firenze, sez. II, 28.09.2018, n. 2218).

 

Pareri di uno studio legale di Como

Differentemente dalla Consulenza tecnica d’ufficio, le consulenze o perizie di parte possono sempre essere prodotte dai legali delle parti, quasi fossero un’aggiunta ai propri scritti difensivi, mancano però di qualsivoglia valore probatorio, servendo, al più, per rafforzare, dando il parere di un tecnico, quanto dedotto dagli stessi (sul punto si veda Cass. civ., sez. I, 06.08.2015, n. 16552: “la consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, posto che il contenuto tecnico del documento non vale ad alterarne la natura, che resta quella di atto difensivo”).