Al momento della celebrazione del matrimonio i futuri coniugi sono chiamati a scegliere il regime che regolerà gli aspetti patrimoniali della famiglia.

​I regimi più comuni sono la comunione legale e la separazione dei beni; tuttavia, occorre fare chiarezza sulle conseguenze che derivano dalla scelta dell’uno o dell’altro.

 

Comunione legale

​I beni acquistati dopo il matrimonio, ad eccezione dei beni personali, cadono in comunione ed appartengono pertanto a entrambi i coniugi.

​Trattandosi di comunione c.d. a mani riunite i singoli coniugi si considerano proprietari per l’intero e possono singolarmente amministrarne i beni, fatta eccezione per gli atti di straordinaria amministrazione.

 

Qualora sia compiuto un atto di straordinaria amministrazione riguardante beni immobili e mobili registrati senza il necessario consenso dell’altro coniuge, quest’ultimo può chiederne l’annullamento entro un anno dalla conoscenza dello stesso.

 

​Per espressa previsione legislativa, e contrariamente a quanto spesso si crede, non cadono in comunione:

  • i beni di cui i coniugi erano proprietari prima del matrimonio;
  • i beni oggetto di donazione o successione acquisiti successivamente al matrimonio;
  • i beni di uso strettamente personale;
  • i beni che servono all’esercizio della professione di uno dei coniugi;
  • i risarcimenti e le pensioni di invalidità.

​Inoltre, non cadono in comunione i beni acquistati con il prezzo di quelli anzidetti, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.

 

​In assenza di diversa scelta in sede di matrimonio, alla famiglia si applicherà per legge il regime patrimoniale della comunione legale, le eventuali modifiche successive devono necessariamente essere compiute dinanzi al notaio.

 

Separazione dei beni

Negli ultimi anni, anche al fine di facilitare la circolazione dei beni, sempre più famiglie scelgono il regime della separazione: la separazione consente, infatti, di scongiurare di dover richiedere il consenso dell’altro coniuge per poter evitare, ove consentito, di far ricadere i beni acquistati in costanza di matrimonio in comunione.

 

Ovviamente, resta nella facoltà dei coniugi di acquistare beni immobili o mobili registrati intestandoli ad entrambi; in tali ipotesi si applicherà il regime generale della comunione ordinaria dei beni (comunione pro quota).

 

Regime patrimoniale e successione

​La scelta del regime, oltre che sui beni acquistati, produce conseguenze diverse in caso di morte di uno dei coniugi.

 

Qualora gli sposi abbiano optato per la comunione legale, il coniuge superstite, oltre a continuare a godere del 50% della proprietà dei beni comuni, succederà al de cuius nella restante parte di proprietà di quest’ultimo secondo le ordinarie regole successorie.

Così ad esempio: succedono nella proprietà di un immobile in comunione il coniuge e due figli, in assenza di testamento. Il coniuge superstite vedrà incrementato il proprio 50% di quota di un altro terzo della quota del coniuge deceduto; mentre i due figli erediteranno i restanti 2/3.

 

​Diversamente, la separazione comporta la caduta in successione dei beni del defunto nella propria interezza.

Utilizzando l’esempio precedente: il coniuge superstite diverrà proprietario di 1/3 del bene del defunto, mentre i due figli dei restanti 2/3.